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Intervent dl Conseier Luigi Chiocchetti en cont dl Comun General
scrit ai 17 February 2006 da les 22:16:37 da noeles

Fascia

 

I ladins fascians à messù scraié adaut per fé audí sia ousc

L Comun General de Fascia raprejentarà na forma de autogovern che daidarà i ladins de mantegní sia identité

Te chest articul végnel reporté l intervent dl conseier Luigi Chiocchetti dla UAL (Union Autonomista Ladina) a revert la aprovazion dl Comun General de Fascia tegnù tl cheder dla discusion tl Consei Provinzial de Trent  sun la reforma istituzionala ai  9 de fauré 2006 (Sboz de lege n. 104. L govern dl'autonomia dl Trentin: normes en materia de potestés legislatives desche ence de atribuzion y de eserzize dles funzions amministratives di comuns, dles comunités y dla Provinzia Autonoma de Trent, en atuazion di prinzips sussidiars, desferenziazion y de uega).



Test dl intervent:

Di grande interesse, centro di tutta la riforma e tema appassionante, la discussione sui livelli istituzionali; se cioè il Trentino possa fare a meno di un terzo livello, appunto la Comunità di Valle.
Proprio la citata frammentazione dei comuni impone la necessità di prevedere il terzo livello.
Si tratta di una visione tutta politica.
La Comunità di Valle non si occupa solo di gestione intercomunale di servizi.
Essa, attraverso effettivi poteri trasferiti dalla Provincia, può compiere le scelte più opportune e consone per lo sviluppo sociale ed economico del proprio territorio.
Ma, soprattutto, con la Comunità di Valle si persegue l’obiettivo del rafforzamento del rapporto identitario della gente con la propria Valle; un rapporto che, come rilevato in Commissione, trova conferma in una serie di studi sociologici.
E qui permettetemi di far riferimento e operare qualche riflessione, anche con taluni accenni alla storia locale, circa quanto si prevede nel disegno di legge, in relazione a quella particolare Comunità di Valle: il “Comun General de Fascia”.
Mi piace ricordare qui l’importante ed interessante dibattito che si è sviluppato in Commissione proprio intorno a quel modello di Comunità.


Ricordo le parole del Prof. Scaglia, Preside della Facoltà di Sociologia che ha affermato essere l’art 19 il miglior articolo di tutto il disegno di legge. Nel sostenere come nel caso di Fassa “si sia tenuto effettivamente conto della identità e dell’appartenenza come criterio di base”, Egli sottolinea come proprio in virtù di ciò il disegno della Comunità e di una serie di competenze sia risultato più chiaro.
A significare cioè che quanto più chiaro è l’obiettivo di fondo, e cioè il rafforzamento del rapporto identitario della gente con la Valle, tanto più chiara sarà la costruzione del relativo modello istituzionale.
Anche il Prof. Toniatti sottolinea la piena valorizzazione dell’autonomia della comunità ladina elogiando le norme poste a tutela delle minoranze linguistiche che si sostanziano in quell’ assetto forte nell’ambito del Comun General di Fascia.
E l’art. 19 ponendo una disciplina specifica per la comunità ladina con la costituzione del Comun general de Fascia, detta anche disposizioni di tutela e promozione delle minoranze mochena e cimbra che se non possono dare vita ad un’autonoma comunità devono tuttavia trovare una posizione di speciale tutela negli statuti delle comunità nel cui territorio sono comprese e devono essere titolari di funzioni, compiti e attività finalizzate alla propria tutela e promozione così come devono essere parte attiva circa pareri, proposte e intese su materie o provvedimenti che le riguardano.
Dunque lo spirito di appartenenza al proprio territorio e lo spirito identitario, come base del modello di un terzo livello istituzionale che permette alla comunità locale di soddisfare la propria aspirazione all’autogoverno: questo il fondamento di un disegno di riforma istituzionale che vuole esaltare le autonomie locali che vuole, come è stato detto da un collega in commissione con un’espressione che ritengo felice e mirata, “trasformare la Provincia autonoma in provincia delle autonomie”.
E proprio sulla base di tali concetti - identità e appartenenza - si fonda l’idea di riproporre il Comun General de Fascia.
Proprio in questa Valle caratterizzata dalla presenza della minoranza etnico-linguistica ladina con una forte e speciale identità, una propria storia, una propria cultura, una propria diversa lingua può essere istituzionalizzata una forte e coesa Comunità che si mette in gioco e in competizione con l’esterno sfruttando e valorizzando le migliori risorse e capacità che ha a propria disposizione.
Quindi proprio e soprattutto in una realtà come quella della Val di Fassa riforma istituzionale significa possibilità reale di autogoverno, di dar vita ad un sistema politico amministrativo autonomo.
E qui voglio subito sgombrare il campo da un equivoco che, forse, può essersi insinuato in relazione al successivo art. 20 con cui, nel quadro del riconoscimento di una maggiore autonomia alle comunità, si rendono applicabili alle altre Comunità, a determinate condizioni, alcune parti dell’art. 19 riguardanti il Comun General de Fascia.
Il riconoscimento di una particolare e specifica tutela per la Val di Fassa attraverso la costituzione di un Ente intermedio differenziato rispetto alle altre Comunità di Valle deriva dal fatto che la minoranza ladina vanta secoli di storia, cultura, tradizioni e lingua diversa; trova cioè un suo preciso fondamento storico, appunto di secoli, che la differenzia profondamente dalle altre Comunità di valle attraverso le quali si vuole ora promuovere e rafforzare un’identità di vallata. La comunità fassana è diversa dalle altre comunità quindi la tutela predisposta per essa è e deve essere diversa.
Affermare che si deve dare la stessa autonomia a tutti i comuni del Trentino significherebbe dire che ognuno ha una uguale storia, uguali radici, e ciò non è.
L’autonomia del Trentino si basa su una millenaria storia di autogoverno, su basi culturali ed etnico linguistiche date dalla presenza della minoranza ladina, da quella mochena e da quella cimbra.
Una tutela differenziata, dunque, costituisce oggi uno sbocco naturale di un cammino iniziato da tempo.
Discorso diverso è in merito al percorso che si intende promuovere per dare maggiore autonomia agli altri territori.


Il confronto e il dibattito interessante e complesso che si è sviluppato in ordine all’art. 19 testimonia della consapevolezza ormai acquisita di quanto siano importanti le minoranze etnico-linguistiche. I ladini, peraltro, hanno dovuto sudare per decenni al fine di far sentire la propria voce e farsi riconoscere una specificità che deriva loro dalla storia: solo in anni recenti si sono avute finalmente leggi specifiche a tutela dei ladini.
Dunque, quanto oggi previsto dall’art. 19 costituisce un motivo di particolare soddisfazione salutato con favore da tutta la gente di Fassa.
Parlare di Comun General significa peraltro, per la Val di Fassa, rinnovare un’esperienza già fatta nella storia attraverso la “Comunità di Fassa” con il proprio Statuto; sotto questo profilo, dunque, si potrebbe davvero dire: nulla di nuovo sotto il sole.
E taluni richiami storici servono appunto a capire quanto riscontro nella storia ha la previsione di questo particolare Ente intermedio.
Scrive quel grande storico ladino, fassano, P. Frumenzio Ghetta, a tutti noto, nel suo prezioso volume “Documenti per la storia della Comunità di Fassa” del novembre 1997 che “i contadini pastori fassani erano organizzati con notevole autonomia e grande democrazia, attaccati come erano allo Statuto della Comunità e alle antiche consuetudini e libertà”; e, ancora, che nel contesto economico, amministrativo e politico dell’epoca, “i fassani hanno imparato a lavorare con grande assiduità e ad amministrare i loro beni, sia privati che comunali, compresi quelli delle chiese, che consideravano ed erano comuni, con grande parsimonia e talora con estrema economia, ma non si sono mai sentiti schiavi di nessuna autorità; anzi molte volte affermarono con orgoglio di essere “uomini liberi””.
La comunità ladina di Fassa, nel corso dei secoli è riuscita a mantenere viva la sua identità e a resistere a processi di omologazione e assimilazione cui è destinata quasi inevitabilmente una piccola comunità, proprio grazie ad un’ antica forma di autogoverno quasi del tutto autonoma che gli ha permesso di sviluppare quel forte legame identitario e di profonda appartenenza al proprio territorio di cui si diceva sopra e di mantenere le usanze e le consuetudini trasmesse nel tempo prima oralmente e poi fissate per iscritto nel 1451 con il primo Statuto della “Comunità di Fassa”.
In questo antico e prezioso documento sono state scritte per la prima volta dai fassani le loro “antiche usanze e consuetudini” ovvero le prime e basiche norme in vigore presso la comunità a testimonianza che nonostante Fassa fosse compresa nella sfera di competenza subordinata al Principe Vescovo di Bressanone, godeva di un’ampia autonomia politica e amministrativa. Anticamente si chiamava Magnifica Comunità di Fassa e, come oggi, era costituita da sette paesi detti Regole. La Comunità eleggeva i propri rappresentanti con il compito di amministrare al meglio i beni pubblici; gli incarichi pubblici andavano a rotazione in quanto erano considerati doveri verso la Comunità e le decisioni si prendevano a maggioranza, in assemblee qualificate, composte da più di due terzi dei capifamiglia.
Con il passare degli anni, lo statuto diventò sempre di più il loro strumento di identificazione e difesa che usarono anche per affermare e rivendicare i loro diritti di comunità autonoma quando il Principe Vescovo di Bressanone tentò di introdurre nuove norme per governare e controllare il territorio di Fassa, di fatto di sua proprietà.
Ancora. Dai molti documenti storici, si apprende che i fassani potevano gestire i rapporti amministrativi, economici e politici della Valle in maniera autonoma e avevano addirittura la libertà di sottoscrivere trattati di collaborazione e di difesa militare senza interpellare alcuna superiore autorità ma con il solo dovere di riconoscere l’appartenenza territoriale al Principe Vescovo di Bressanone e riconoscere la sua figura.
Di grande significato storico, politico e giuridico, probabilmente un “unicum” nella storia dell’epoca, è il patto di mutua difesa siglato con la vicina Val di Fiemme nel 1264 in caso di aggressione esterna, nonostante appartenessero a due episcopati diversi, Trento e Bressanone: un patto giurato “di difendersi vicendevolmente da allora in poi a tutto potere, tanto in Fiemme quanto in Fassa, da ogni sorte di violenza e da coloro che violenze ad essi tentassero di fare”.
Successivamente, nel 1298 a Nova Ladinia (l’attuale Welschnofen – Nova Levante, veniva conchiuso un patto di mutua difesa tra la Comunità di Fassa e Reimberto signore di Fié.
“Di maggiore importanza e interesse” ci riporta sempre lo storico P. Frumenzio Ghetta, “è il patto di amicizia e di vicendevole aiuto, conchiuso sulla piazza di san Giovanni Pieve di Fassa il 14 luglio 1303, fra la Comunità di Fassa e la Comunità di Primiero. Vi troviamo accenni agli scambi commerciali, agli alpeggi e ai pascoli delle pecore e alla questione che avevano i fassani con i feltrini”.
Come non vedere in questi accordi, fatte le dovute precisazioni e contestualizzazioni storiche, quella competenza alla “definizione di accordi e intese con altri enti pubblici anche territoriali o privati per il perseguimento delle proprie finalità” di cui al comma 8 dell’art. 19?
Tali brevi accenni storici per dire, in definitiva, che quella formula di governo pressoché del tutto autonoma nata e sviluppata dalla Comunità di Fassa e portata avanti con orgoglio e determinazione nel corso dei secoli ha indubbiamente caratterizzato e segnato profondamente il percorso storico, sociale e culturale della Valle garantendo la salvaguardia e la valorizzazione della coscienza nonché dell’ identità ladina della comunità.


Oggi con questa Riforma istituzionale, a due secoli dalla soppressione dei principati vescovili e delle Comunità con le rispettive prerogative di autogoverno, si ripresenta la possibilità di ricostituire quell’ antica Comunità di Fassa con nuove e proprie competenze di autonomia politica e amministrativa.
E l’U.A.L. ha colto subito questa possibilità proponendo per la Val di Fassa l’opportunità di porre in essere una forma particolare di autogoverno e di autoamministrazione del territorio, di far nascere una Comunità di Valle diversa dalle altre, perché diversamente caratterizzata rispetto alle altre per la presenza di una minoranza etnica, una Comunità con un’autonomia particolare che riconosca, rafforzi e promuova l’identità della minoranza stessa.
Di qui la proposta alla Giunta provinciale di inserire una norma che rechi disposizioni speciali per la Val di Fassa.
Si è maturata infatti la convinzione che, accanto agli istituti tradizionali posti alla base di ogni politica per la tutela di una comunità minoritaria e incentrati sulla valorizzazione della cultura e sull’uso della lingua, per la popolazione di Fassa è davvero arrivato il momento di pensare anche strumenti che ne assicurino uno sviluppo sociale ed economico e in grado di salvaguardare la sua identità.
Quest’ultima si è mantenuta integra nel corso dei secoli non solo per l’isolamento in cui si è venuta a trovare la comunità ladina, ma anche, come detto, grazie ad un sistema di governo con ampi margini di autonomia che le hanno permesso di resistere agli altrimenti inevitabili processi di omologazione e di assimilazione.
Autogoverno insomma, come sistema di norme che valorizza gli elementi peculiari e caratteristici di una popolazione e che le consente di progettare e costruire un suo futuro, consolidandone così l’identità.
In questo senso è matura la consapevolezza che i fattori che sono a fondamento dell’autonomia del Trentino sono gli stessi che dovrebbero ispirare un sistema di autonomie anche all’interno del territorio provinciale, in particolare per quelle comunità rappresentate da minoranze linguistiche quali, nel Trentino, quella ladina, mochena e cimbra.
E’ opportuno quindi pensare ad un sistema istituzionale che può ben essere definito come “autonomia a cascata”. E questa riforma va proprio in tale direzione. Tali riflessioni vengono recepite nel nostro ordinamento.
In tale contesto, dunque, la Valle di Fassa è pronta a dare vita ad una specifica Comunità di valle, dotata di un autonomia particolare, capace di interpretare al meglio la propria identità. Se infatti obiettivo della riforma è dotare di veri poteri le Comunità di valle promuovendo il concetto di comunità competitiva anche in questa nostra epoca caratterizzata dal fenomeno della globalizzazione, è necessario che ogni territorio possa esprimersi rafforzando i suoi caratteristici aspetti quali l’identità locale e il senso di appartenenza al fine di poter essere protagonista e responsabile del proprio sviluppo e del proprio futuro. Ciò è ancor più vero e assume ancora maggiore significato per le minoranze linguistiche portatrici di particolari tratti socio economici, culturali ed ambientali che costituiscono l’essenzialità di una comunità minoritaria.
Il Comun General de Fascia, dunque, traccia una strada particolare e risponde ad una chiamata importante; si presenta senza dubbio quale non facile scommessa per la valle di Fassa ma, al tempo stesso, costituisce l’occasione, ne sono convinto, per sperimentare in Trentino una forma di tutela delle minoranze che può costituire un modello di riferimento non solo per l’Italia ma anche per gli altri Paesi europei.
Tra i punti più significativi che testimoniano dell’ampia autonomia che viene riconosciuta a Fassa e che richiamano l’antico autogoverno della Comunità ladina è sicuramente la possibilità di definire in piena autonomia lo Statuto dell’Ente; questo significa piena libertà nella scelta degli Organi di cui dotarsi per il governo della Comunità nonché autonomia di scelte circa il sistema di elezione dei suoi rappresentanti.
Ma, soprattutto, lo statuto dopo essere stato deliberato da tutti i Comuni della valle è approvato con legge provinciale senza modificazioni: quindi o respinto o approvato ma non modificato.
Si tratta senza dubbio di un riconoscimento molto significativo e importante, in quanto il Consiglio provinciale, titolare della competenza legislativa di questa Provincia, per la prima volta divide questa competenza, senza dubbio la più importante della nostra autonomia, con un Organismo locale che rappresenta una comunità di minoranza.
E ciò significa un riconoscimento alla Comunità di Fassa della capacità di autoreggersi.
Siamo certamente di fronte ad un momento storico.
Il Governo provinciale riconoscendo alla comunità della Valle di Fassa il diritto di costituire un organismo con ampi margini di autonomia, esprime in maniera inequivocabile la volontà di valorizzare e sostenere con interventi concreti la continuità, il consolidamento e lo sviluppo delle minoranze linguistiche presenti sul territorio trentino.
Si tratta di un approccio innovativo nei confronti della comunità di minoranza che assume così un ruolo specifico anche nel contesto più ampio volto a promuovere un tessuto sociale moderno e dinamico, capace di guardare al futuro ma nel contempo deciso a non perdere le proprie radici storiche e i propri aspetti sociali culturali e correlati al proprio territorio.
E gli attuali Amministratori della Valle di Fassa hanno già dimostrato di saper convergere verso l’idea del Comun General de Fascia mediante la partecipazione di tutti i sindaci dei sette paesi della Valle nell’attuale Giunta comprensoriale.
Un messaggio forte e significativo per esprimere la volontà di perseguire strategie e obiettivi comuni capaci di far convergere le istanze e le aspettative e di ricondurre ad unità le esigenze dell’intera Comunità fassana.
Una Comunità che, a sua volta, è pronta a recepire il concetto di unità, decisa a superare taluni campanilismi avendo maturato la convinzione che l’unità rafforza e migliora le opportunità e le azioni.
Una unità proiettata anche sull’ ”esterno” nella prospettiva del rafforzamento dell’unità dei ladini dolomitici delle Valli intorno al Sella. E voglio qui ricordare un altro “fronte” del grande impegno del Governo provinciale; quello, appunto, di favorire con concrete azioni ed appropriati interventi, l’unità dei ladini dolomitici.
E a fronte di un consolidamento della propria unità, e nella misura in cui questa sarà realizzata, potrà esserci in futuro per i ladini, nello spirito dell’esaltazione delle Comunità locali, la cessione, da parte della Provincia, di significative quote di sovranità.
Con il Comun General de Fascia tutta la comunità, a partire dai suoi Amministratori, è chiamata a nuove responsabilità e ad un nuovo e maggiore impegno oltre che politico e amministrativo anche civile e sociale: un progetto da promuovere e gestire con coscienza e responsabilità utilizzando al meglio le proprie risorse per uno sviluppo della Valle capace di futuro.
Questa nuova responsabilizzazione si potrà trasformare poi in una grande opportunità per i giovani che potranno diventare i protagonisti della futura classe dirigente.
Il Comun general de Fascia, dunque come modello e paradigma per il nuovo assetto istituzionale del Trentino.


Trento, 9 Febbraio 2006.


 
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